Fare molti spostamenti quotidiani, ti regala una visione diversa della città in cui risiedi. Ad esempio, stare seduti in metro, e quando vi capita sta botta di culo, vi consente di avere una prospettiva sulle banchine d’attesa, che io chiamo appunto “l’acquario”.
Un punto di vista del tutto differente rispetto alla corsa in piedi e che oggi, con un po’ di attenzione in più del solito, mi ha regalato una nuova suggestione sull’essere umano.
Se infatti è del tutto normale aspettare una metro, salire sulla metro, scendere dalla metro, è assai più interessante osservare dall’altro lato della barricata, seduti, ad osservare cosa succede a chi sale e chi scende da quel treno.
Quando infatti il viaggio assume la sua dimensione monotona è all’ispezione dello spazio che consegniamo lo scettro del nostro tempo. E’ alla vista che affidiamo le chiavi della nostra sopportazione all’inefficienza dei trasporti, di quegli spazi mobili angusti e puzzolenti.
Durante gli spostamenti, in genere, non accade nulla di interessante, al massimo, provi a flirtare con la tedesca di turno, che ovviamente, non ti caga di striscio. Puoi sgomitare per sederti lì dove quel vecchio s’è appena alzato o lottare per sopravvivere all’ascella del ragazzetto di fianco. Un primo segnale questo, che forse con le branchie, i viaggi in metro, avrebbero un sapore, anzi un odore, del tutto diverso.
I pesci, c’avete mai pensato ad una metafora tra gli uomini in attesa di qualcosa ed i pesci spensierati in un acquario? Io sì.
Eccomi arrivare alla fermata successiva, una di quelle grandi, dove l’attesa alla banchina è nervosa come un’entrata sul palco del Colosseo. Dietro, davanti, di lato. Chiunque ti spinge, ti scosta, ti supera. E poi arriva il treno per Rebibbia.
Le persone si muovo ipnotizzate e sincrone, come un banco davanti alla preda, sul treno in frenata. Per capirci, immaginate quello spostamento simultaneo dei pesci verso il padrone che si avvicina col cibo, pronti ad arrivare per primi. Nell’uomo, l’obiettivo è la porta. Poi, una volta spalancata l’entrata, tutti a fiondarsi sull’unico spazio rimasto, fino a morire.
La prova certa che l’uomo, come affermato in uno studio di qualche anno fa, discende dai pesci e non me ne vogliano le scimmie.
Buona serata e buona piccola visione.