Questi appena trascorsi possono definirsi con estrema franchezza i tre giorni più pazzi dell’ultimo ventennio della politica e allora non possiamo non occuparci con dei ragionamenti di ciò che è accaduto.
Eppure ne abbiamo passate negli ultimi vent’anni. Tra ribaltoni, D’Alemoni, Prodoni, Berlusconi, tecniconi, trattativoni e chi più ne ha più ne metta, niente e nessuno, aveva mai costretto l’Italia e gli Italiani a riflettere e discutere così tanto di politica.
“Prima di tutto gli italiani” uno slogan a forma di boomerang, di quelli che lo lanci e prima o poi ti torna indietro. Per il lanciatore la speranza ha un volto soltanto: riprenderlo al volo. Un errore potrebbe colpirlo alla nuca con irrimediabile danno.
Improvvisamente infatti, la possibilità del cambiamento ha reso i cittadini partecipi e questo, in politica è un bene, per i politici no. Un pubblico presente si può manovrare. Un pubblico partecipe lo si deve convincere.
Mentre le sorti del paese, dopo quasi quattro mesi dall’esito del voto, restano ancora in balia degli “scontri”, l’elettorato, prima convinto di aver trovato un nuovo nemico nel Capo dello Stato, adesso si trova a duellare e parteggiare fra Matteo e Luigi. Ci siamo infatti tutti svegliati con in testa una domanda: chi ha vinto e chi ha perso nella trattativa per il fallito “governo del cambiamento”. Salvini o Di Maio?
Questa, anche se per molti è soltanto la risposta senza un approfondito ragionamento, è comunque una questione che va analizzata.
Dicevo quindi, quello tra chi sia stato il vero vincitore morale di questa partita è il dibattito del popolo. I sostenitori degli uni e degli altri, dopo 24h passate ad insultare il Presidente della Repubblica, fino ad allora, accusato persino dai due partiti d’essere mandante del fallimento, hanno scoperto un nuovo nemico: l’alleato.
Il tarlo del dubbio infatti si è insediato un po’ ovunque. E’ bastato infine che Di Maio confessasse a denti stretti che Salvini in fondo lo avrebbe fregato, per far zompare dalle sedie anche i sostenitori del cambiamento più ottusi.L’input che forse il vero responsabile del fallito governo del cambiamento non sia stato Sergio Mattarella infondo non era difficile da ipotizzare. Tutti, nella loro vita, prima o poi si saranno trovati a dover fare un passo indietro per il bene di qualcosa. Persino i muli più cazzuti.
Tra i sostenitori di entrambi scricchiola l’armonia e tra chi accusa quello e chi accusa l’altro, alla fine bisogna tirare le somme sui fatti.
Abbiamo già raccontato la strategia vincente della Lega che, grazie alla fermezza di un equino ha in realtà raggiunto l’obiettivo di inchiodare al palo il movimento cinque stelle e lo stesso Mattarella, divenuto il nemico del popolo, ottenendo così l’obiettivo di un voto anticipato dopo un forte incremento della popolarità.
Di Maio invece sta sul filo. Rantola
Il leader degli stellati ha vinto proprio nulla ed abbastanza palese il fallimento di strategia promosso. Cospargendosi il capo di cenere, dopo una figuraccia stratosferica col Capo dello Stato e con la maggior parte degli italiani, ha compreso di essere stato fregato da Salvini. Ha fatto l’unica mossa che gli restava: chiedere scusa e tornare col cappello in mano dal Presidente.