Era il 2017 quando, celandomi dietro il profilo di una donna, mi ritrovai protagonista di un esperimento sociale. Mi aggiravo su Facebook e, al di là del nome, avevo creato un’identità priva di qualsiasi immagine che potesse far pensare che fossi realmente una donna, forse neppure che si trattasse di un essere umano. Soprattutto, non lasciavo intendere minimamente di essere lì alla ricerca di sesso.
In poco tempo venni coinvolto in una serie di conversazioni surreali che cambiarono per sempre la percezione che avevo fino ad allora del genere umano maschile.
Maria era uno pseudonimo casuale, un’idea nata per prendere in giro, di tanto in tanto, gli amici (ai quali peraltro mi ero già rivelato). Quello che non mi aspettavo era che, in breve, Maria diventasse una persona reale e desiderata: una donna presa d’assalto da predatori alla ricerca di sesso facile. Erano uomini di qualsiasi estrazione sociale, che utilizzavano la “mia” casella di posta come se fosse una bacheca di annunci espliciti, senza nemmeno la classica tripla A “AAA… cercasi…”.
All’inizio ignoravo quei messaggi, ma con il passare del tempo cominciarono a incuriosirmi. Fu così che, di tanto in tanto, presi a rispondere, anche se la maggior parte delle volte lasciavo perdere. Quando rispondevo, lo facevo in modo brusco, ma ciò che mi stupiva era che non suscitavo alcun imbarazzo. Non c’era vergogna o risentimento. Venivo catapultato in dialoghi surreali, unilaterali, sempre allusivi e con poco spazio all’immaginazione. In quelle conversazioni, l’unica astrazione ero io, che faticavo a credere che un profilo senza alcun riferimento potesse attrarre centinaia di uomini ogni giorno.
Mi ritrovai così in una mostra permanente di fotografie di genitali, membri di ogni tipo, e a interagire con centinaia di uomini che innocentemente mostravano i pettorali. Erano la loro esca nel mare, e io, in quel mare, ero il pesce. Tra loro c’erano uomini adulti, sposati, alcuni palesemente disturbati, ma anche insospettabili: impiegati pubblici, militari, baristi, imprenditori e molti altri di cui nemmeno ricordo i dettagli. Senza accorgermene, il mio computer si era trasformato in un contenitore del disagio sociale. Ero praticamente dentro a una ricerca dalla quale non riuscivo a staccarmi. Volevo capire il mio genere, “capire come funziona il mondo” o, almeno, quel mondo di mezzo, senza attendere il solito gruppo di “esperti americani” che lo raccontano senza citare fonti.
Quello che chiamai l’”angolo dei mostri” era uno spaccato sociale con un punto di vista sull’umanità unico, incredibilmente libero e senza filtri, un’indagine di mercato sulla lussuria totalmente a “gratis”. La scena si sostanziava in una lascivia sfrenata e incontrollabile, che trasformava persone comuni in predatori seriali. Si eccitavano per un pollice in su, un “grazie” forzato o un ammicco appena accennato. Qualsiasi reazione era sufficiente per instaurare, nella loro mente, una relazione voluta e desiderata, capace di suscitare emozioni reali. Entravano in relazioni immaginarie e vi si tuffavano a capofitto senza alcuna perplessità; ti lasciavano il numero, ti inviavano foto, ti tormentavano con video e chiamate a qualsiasi ora del giorno e della notte. Se non eri online, ti ritrovavi ingolfato tra centinaia di gif animate tristi: la tazzina di caffè, il buongiorno o il mazzo di fiori.
Mi chiamavano “amore”, “amo”, “vita”, “tesoro”, “bellissima”, “gioia”, con un vocabolario lento, ripetitivo e noioso, che non lasciava spazio all’immaginazione. Un quadro dell’amore viscido e losco, di individui che si masturbano seguendo sconclusionate conversazioni a senso unico. Alla prima reaction, erano già in una relazione con te e da quel momento non riuscivi a liberartene. Poteva succederti di tutto.
Apparentemente, erano miei simili, ma facevano paura. La prima riflessione che mi viene da fare è che, dopo ciò che ho vissuto, posso sinceramente affermare che, se fossi una donna, non uscirei di casa. Mi rinchiuderei in uno spazio sicuro, perché se quello che mi aspetta là fuori è ciò che si trova in questo luogo, avrei paura a compiere qualsiasi passo. Avrei paura di vivere, uscire, respirare. Non potrei vivere sapendo che dietro a insospettabili persone si celano mostri dalla natura imprevedibile. Il primo passo per riconoscerli è la finta moralità, ma anche la socievolezza di cui si circondano. È questa la prima evidenza di una devianza. Che siano artisti, militari, pensionati, imprenditori, dipendenti pubblici o disoccupati, sono comunque uomini, capaci di far perdere all’altro serenità e libertà. Pubblicano immagini di santi, rose, frasi amorevoli, ma alle spalle nascondono una personalità violenta e pericolosa.
Stay tuned.
Io penso che mai avrei il coraggio di.fare un esperimento simile. Starei malissimo. Per altro sono già donna e di ste robe ne arrivano senza pietà.
Non l’avrei organizzato neppure io, è stato spontaneo e inquietante